giovedì 12 luglio 2007

Dall'evoluzionismo all'illuminismo. «Senza dogmi», un saggio dello studioso Michele Martelli che analizza le basi teologiche della restaurazione papale

In tempi di autorevoli richiami delle massime cariche dello Stato a concordare la legislazione sui diritti civili con il magistero papale viene spontaneo interrogarsi sulle carenze in Italia di una letteratura filosofica e politica che contrasti l'ossessiva ingerenza clericale sui temi cosiddetti «eticamente sensibili», una di quelle sgradevoli perifrasi con cui in sostanza si vuol dire che lo Stato, per conto della Chiesa, deve impicciarsi degli affari propri dei cittadini, soprattutto a letto e sul letto di morte. Presupposto teoretico delle intimidazioni giuridico-politiche è la rivendicazione della superiorità della fede cristiana sulla misera ragione priva di sostegni trascendenti e abbandonata al relativismo.
Che secoli dopo Spinoza e Hegel vi sia un siffatto senso comune può sorprendere, anche se qualcosa sulla vocazione compromissoria della borghesia e della cultura italiana in materia l'aveva gia scritta Gramsci. Ma veniamo al bel libro di Michele Martelli, Senza dogmi. L'antifilosofia di papa Ratzinger (Editori Riuniti, pp. 159, euro 12), che prende di petto le lezioni di teologia che periodicamente il pastore tedesco infligge con successo ai lettori italiani e con maggiore resistenza a quelli protestanti e islamici.

La restaurazione papale
Innanzi tutto Martelli contesta l'accusa - papale e neocons - che ci troviamo in presenza di una «dittatura del relativismo», concetto di per sé inconsistente in quanto il relativismo, per definizione, non intende imporre alcuna verità ultima e globale; si respinge del pari la critica, invero non novissima in quanto esemplata sulle argomentazioni antiscettiche già di epoca greca, sulla contraddittorietà interna del relativismo. Il fatto che ogni teoria sia relativa relativizzerebbe quello stesso principio, ma notoriamente l'argomento non vale per un'assunzione euristica, che indica un processo continuamente aggiustato di ricerca e falsificazione per edificare nuove proposte. Un percorso di verità, un relativismo metodologico e non metafisico, che va da Socrate a Popper o Kelsen e che la polemica antirelativistica deforma in termini caricaturali e non senza malafede. In realtà la battaglia contro il relativismo copre una difesa della trascendenza contro l'immanenza e fa coincidere la prima con la rivelazione cristiana secondo l'ortodossia cattolica, occludendo perfino le discrete aperture del Concilio Vaticano II e le più recenti esperienze interconfessionali di pluralismo inclusivo, fra le quali si segnalavano quelle di Leonardo Boff e di Jacques Dupuis. Questo movimento è iniziato, non senza diretti impulsi del cardinale Ratzinger, già sotto il papato di Wojtyla, ma è andato accentuandosi quando l'ispiratore teologico è diventato Benedetto XVI e in generale l'aspetto regolamentare e difensivo ha preso il sopravvento sulle grandi opzioni messianico-populistiche del periodo precedente. Un certo ruolo ha giocato in questo l'ossessione di Ratzinger a riscoprire e restaurare la «vera» religione, ovviamente quella cattolico-romana, chiamando disinvoltamente a soccorso tutti gli strumenti della ragione. Vera filosofia al servizio della vera religione, come sua giustificazione e non verifica critica. Allo stesso tempo le altre confessioni sono dislocate a un gradino inferiore di verità, come emergerà drammaticamente nella politicamente infelice ma teologicamente a suo modo coerente prolusione di Ratisbona.

L'alleanza teo-con
Il secondo fronte di contestazione è la scelta compiuta da Ratzinger (contro precedenti tendenze conciliative di Paolo VI e Giovanni Paolo II) di attaccare l'evoluzionismo in nome del principio di un «Disegno intelligente», in cui al massimo il Deus creator è anche Deus evolutor, cioè una volta creato il mondo dal nulla ne evolve eventualmente le forme vitali fino a pervenire alla specie perfetta, l'uomo, cui infondere l'anima. Questo è l'unico campo in cui Ratzinger è venuto incontro alle dottrine protestanti, o meglio alla loro frangia fondamentalista statunitense, ben distinta da una prevalente tradizione teologica riformata che invece è stata sempre molto attenta a non contraddire i dati delle scienze fisiche e naturali.Decisione non casuale, perché Benedetto XVI vede nell'evoluzionismo un principio di esclusione di Dio dalla natura che rischia di far saltare la sintesi agostiniana di filosofia e religione. Cadrebbe anche l'iscrizione etica - esposta nella sua Enciclica Deus caritas est - dell'amore fra le creature (eros) nell'amore reciproco fra Dio e le creature (agape). Ratzinger sfrutta accortamente la confusione fra la teoria di Darwin e le derive socialdarwiniste di Herbert Spencer e John Galton per accusare l'evoluzionismo di metafisica e per reintrodurre un'origine trascendente e una finalità sacrale alla selezione naturale, senza regredire al letteralismo biblico dei fanatici evangelici.Ma allora quale atteggiamento dovrebbe avere un laico per instaurare un dialogo non settario con gli incancellabili bisogni emozionali e di pensiero del credente? Non sul versante pseudo-razionale dell'Enciclica wojtyliano-ratzingeriana Fides et ratio, piuttosto su quello della teologia negativa, del Deus absconditus e inconoscibile della mistica di Eckhart o della dotta ignoranza di Nicolò Cusano, che non mirano a razionalizzare la Rivelazione quanto piuttosto a segnalarne l'eccedenza di senso rispetto al conoscibile e al dimostrabile. Questa sarebbe invero una teologia congetturale che corrisponderebbe al relativismo filosofico nel senso più alto, quella fede dubbiosa (Zweifelglaube) di cui parla Kant nella Critica della facoltà di giudizio, che segna i limiti mobili del sapere filosofico, l'incondizionato che legittima tanto la scepsi costruttivo-decostruttiva quanto il pluralismo religioso e nel contempo vieta ogni superstizione totalitaria di confessione religiosa o di ideologia razionale. Si dia quest'ultima nelle forme minacciose descritte nella francofortese dialettica dell'illuminismo o nell'ingenuo razionalismo analitico di Thomas Nagel.

La conta dei morti di Messori
L'illuminismo kantiano appare complessivamente a Martelli il miglior antidoto alle ossessioni monoteistiche e alle guerre di civiltà che troppo facilmente ne derivano e non a caso vengono rivendicate non solo nella contingenza politica ma addirittura in forma di revisionismo storico. Una postilla andrebbe infatti aggiunta, sebbene esterna al libro in questione, ricordando che il Corriere della Sera, fautore di willings-volenterosi in materia di aggressioni mediorientali e di incursioni «riformistiche», ha affidato, recentemente, a un suo abituale commentatore, Vittorio Messori, il compito di giustificare e banalizzare la crociata contro gli Albigesi nel XIII secolo spiegando che i Catari erano cattivi e stavano preparandosi a sgozzare i buoni cristiani. E che comunque i morti furono molti meno di quanto tramandato. Come a Falluja.

di Augusto Illuminati